Nessuna impresa che voglia competere sul mercato oggi considererebbe l’innovazione un lusso per pochi.

Ma quali approcci sono più funzionali ad innovare?

L’approccio “open” ai processi di innovazione è oggi ampiamente diffuso anche in Italia, dove si assiste al moltiplicarsi di esperienze promosse non solo da imprese profit, ma anche da pubbliche amministrazioni e terzo settore, contribuendo al rafforzamento di un ecosistema fertile, dove le idee possono allearsi più facilmente con strutture e risorse per rispondere alle sfide emergenti. In questo senso le cooperative non sono diverse dalle altre imprese nel bisogno di innovazione, ma lo possono essere tuttavia nel perché e nel come innovare.

Quali sono le principali motivazioni che spingono ad investire in innovazione?

L’introduzione di future innovazioni viene vista soprattutto come una una possibilità per diminuire i costi, per migliorare il servizio reso al cliente/utente e per entrare in nuovi mercati. Oltre 4 cooperative su 10 sostengono di favorire la collaborazione interna per la realizzazione di innovazione, tanto da considerare i propri dipendenti (16,8%) le figure “privilegiate” con cui progettare pratiche innovative. Tuttavia, una percentuale rilevante (34,3%) ha indicato nel rapporto con soggetti esterni (clienti, fornitori, università, ecc.) la leva più utilizzata per lo sviluppo di processi di innovazione.

La dimensione relazionale di rete con altre imprese si rivela l’asset preferito da oltre il 50% delle cooperative intervistate, confermando quanto la capacità di saper coltivare una presenza attiva nel proprio ecosistema di riferimento costituisca un fattore strategico per portare avanti processi di innovazione. Ciò è vero in particolare per la classe di fatturato tra 500 mila e 1 milione di euro, mentre le cooperative di più grandi dimensioni (oltre 10 milioni di fatturato) individuano come strategici i partenariati con le start-up e la risoluzione di problemi tramite seminari a porte chiuse.

L’open innovation non si esaurisce nella strutturazione di presidi di R&S, ma postula una revisione completa della strategia aziendale. Per questo, apporta risultati significativi soltanto quando si rivisitano interamente i processi, si acquisisce dimestichezza con l’appropriazione dei risultati dell’innovazione e, infine, ma non meno importante, quando si mette al centro il fattore umano, ovvero la capacità di motivare la partecipazione di collaboratori, utenti e clienti e valorizzarne l’apporto in termini di innovazione.

In questo ambito, l’indagine evidenzia come la correlazione tra efficacia dei processi di innovazione aperta e la presenza di investimenti in trasformazioni organizzative, non sia ancora pienamente riflessa nelle scelte strategiche delle cooperative intervistate. Solo il 9% ha introdotto una figura dedicata alla gestione dei progetti di innovazione, mentre il 30,1% non ha assunto una decisione organizzativa in tal senso. All’interno delle cooperative operanti nel settore dell’edilizia, delle energie rinnovabili, dei servizi educativi e del marketing e della comunicazione (la totalità dei rispondenti di queste categorie) l’ufficio risorse umane è ancora strettamente adibito a soli compiti amministrativi. Al polo opposto i community hub, per i quali il presidio risorse umane è studiato in modo da incoraggiare l’innovazione, mentre nei restanti settori si rilevano situazioni intermedie, evidenziando una forte intenzionalità alla ristrutturazione della funzione RU soprattutto nel settore delle pulizie.

In un mondo dove la tecnologia è sempre più accessibile, la capacità di innovare dipenderà sempre di più dalla componente umana. La trasformazione dei modelli organizzativi per attivare, motivare e sostenere l’intelligenza collettiva presente all’interno e all’esterno delle singole realtà sarà probabilmente il terreno su cui si giocherà la partita dell’open innovation in futuro. Questo vale a maggior ragione per le imprese cooperative, in quanto le scelte organizzative non sono mai neutre rispetto all’identità delle organizzazioni.

Da questo punto di vista approcciare l’innovazione secondo un approccio “open” fornisce alle imprese cooperative l’opportunità di riallineare principi, identità e forma, per raggiungere una maggiore efficacia nel perseguire i fini sociali, rispetto a modelli alternativi perseguiti nell’ottica di raggiungere efficienza attraverso il solo contenimento dei costi, allontanandosi dal presidio relazionale. L’esistenza di luoghi deputati ad attivare opportunità non episodiche di innovazione a impatto sociale e presidiarne lo sviluppo nel tempo, può costituire un punto di forza per moltiplicare esperienze di open innovation in chiave cooperativa. I luoghi dell’innovazione di fatto agiscono come “piattaforma”, consentendo a imprese, innovatori e altri attori territoriali di allineare i modelli, tradurre i linguaggi e negoziare se necessario le regole di ingaggio.

I bisogni di innovazione mappati nell’indagine sono strettamente collegati con le dimensioni della competitività: la ricerca di nuovi mercati, il dialogo con gli attori della filiera per innovare la produzione del valore, l’investimento nelle persone per incoraggiare una cultura permanente dell’innovazione, la capacità di coinvolgere la comunità di riferimento e di misurare l’impatto prodotto, restituendo i dati in maniera aperta e trasparente come leva reputazionale indispensabile ad accrescere il capitale fiduciario. Per ognuna di queste dimensioni la guida fornisce chiavi di lettura e un paniere di strumenti a cui le cooperative possono attingere per strutturare i propri percorsi di open innovation.

Esistono già numerosi esempi di imprese cooperative che hanno adottato con successo questo approccio, facendo da apripista a un modello di “cooperativa piattaforma”, capace cioè di aggregare la domanda continuando a presidiare in prima persona il lato offerta, usando l’innovazione per garantire maggiore (e migliore) occupazione.

Si tratta solo di alcuni esempi di un fenomeno destinato a durare, che concetti come l’open innovation aiutano a modellizzare e rendere replicabile, al fine di incoraggiarne una più vasta diffusione. Nel caso delle cooperative studiate, non si tratta solo di una revisione di poco conto, ma di provvedere a un vera e propria attualizzazione di cosa voglia dire oggi cooperare e scoprire come proprio da questa risposta può scaturire il vero fattore competitivo per il futuro.

Mi occupo di formazione e supporto giuridico per gli enti locali in tema di affidamento e gestione di servizi alla persona e alla comunità.

Roberto Onorati
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Progetto Autonomie Locali

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