La diffusione del modello organizzativo di amministrazione condivisa si espande ai servizi pubblici locali.
In linea generale, il decreto legislativo n. 201 del 2022 si occupa di aspetti che poco hanno a che vedere con l’amministrazione condivisa, trattandosi di una disciplina tesa a regolare servizi pubblici di natura economica e imprenditoriale, ma dentro questo contesto merita di essere considerato l’art. 18. Si legge infatti nel comma 1 che: «In attuazione dei principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale, gli enti locali possono attivare con gli enti del Terzo settore rapporti di partenariato (…)»; sebbene li chiami rapporti di partenariato, è certo che si tratti di relazioni di amministrazione condivisa, dal momento che i due principi evocati sono proprio quelli citati dal codice del Terzo settore, che oramai viene considerato uno dei testi di riferimento per l’amministrazione condivisa. D’altra parte è ben chiaro questo nel comma 3 dello stesso articolo, dove si stabilisce che la norma non trova applicazione qualora le risorse pubbliche messe a disposizione degli enti del Terzo settore superino il rimborso dei costi sostenuti, evocando chiaramente i rapporti aventi natura non sinallagmatica a cui ha fatto riferimento la sentenza n. 131 del 2020 della Corte costituzionale. Dunque l’amministrazione condivisa trova spazio nella disciplina dei servizi pubblici locali.
La riflessione da fare è in che modo possa coesistere il modello dell’amministrazione condivisa con quello dei servizi pubblici economici, la cui disciplina deve tenere in considerazione un quadro di regole che non appare coerente con essa. La risposta si trova ancora nel comma 1 dell’articolo 18 dove si dice che i rapporti di partenariato sono attivati dagli enti locali per la realizzazione di «specifici progetti di servizio o di intervento funzionalmente riconducibili al servizio pubblico locale di rilevanza economica». Se ne deduce, pertanto, che l’amministrazione condivisa – come è giusto che sia – non costituisce un modello alternativo di gestione dei servizi pubblici locali, ma una soluzione progettuale relativa a un aspetto specifico di un determinato servizio o di un segmento particolare di esso. L’amministrazione condivisa è spesa all’interno di un determinato servizio pubblico per aggiungere un ulteriore valore e beneficio alla collettività, che di solito i servizi pubblici economici, organizzati in modo standard, non garantiscono.
Si tratta così di un altro ambito in cui l’amministrazione condivisa può trovare spazio. Nel decreto commentato si dice che è responsabilità degli enti locali, insieme ai soggetti del Terzo settore, dar vita a questi rapporti, ma indubbiamente anche il soggetto ordinario deputato all’erogazione del servizio pubblico deve essere coinvolto. Su questo la norma tace, quasi supponesse che l’ente locale possa pretendere l’assenso dell’impresa. Nei fatti questo non sembra verosimile e meccanismi di coinvolgimento è ragionevole credere che andranno sviluppati.
Al di là di questi aspetti pratici l’art. 18, d.lgs. 201 del 2022, prospetta nuove soluzioni nella gestione dei servizi pubblici che è utile diffondere, anche per prevenire indirizzi giurisprudenziali che finora si sono dimostrati poco propensi ad avere un approccio più inclusivo dei modelli organizzativi.