L’organizzazione di attività sportive dilettantistiche caratterizza – in quanto attività di interesse generale – gli Enti del Terzo settore (art. 5 DLgs 117/2017).
L’iscrizione nel RUNTS rappresenta una opzione da valutare e non un obbligo. Da ciò discende la possibilità di restare esclusivamente “associazione sportiva dilettantistica” o di valutare anche l’acquisizione della qualifica di Ente del Terzo Settore: non c’è infatti alcuna norma che impedisca la contemporanea iscrizione nel Registro CONI e nel Registro del Terzo settore.
L’associazione sportiva che sia già iscritta anche nel Registro delle associazioni di promozione sociale/ organizzazioni di volontariato o nell’anagrafe delle ONLUS deve confrontarsi con la Riforma e provvedere alla modifica dello statuto qualora sussistano i requisiti per mantenere tale qualifica o comunque per assumere la qualifica di Ente del Terzo Settore (la figura delle ONLUS viene assorbita all’interno degli Enti del Terzo Settore: ne consegue la necessità di valutare quale tipologia di qualifica assumere tra i diversi ETS ovvero se qualificarsi come semplice associazione).
Si evidenzia che l’acquisizione della qualifica di APS è subordinata alla circostanza che l’associazione:
– svolga attività di interesse generale;
– svolga eventualmente attività diverse da quelle di interesse generale ma nei limiti di cui all’articolo 6 del CTS e del relativo Decreto attuativo;
– si avvalga prevalentemente dell’apporto di volontari;
in presenza di risorse umane retribuite, rispetti alternativamente uno dei seguenti parametri:
– le risorse umane retribuite non devono essere superiori al 5% dei soci;
– le risorse umane retribuite non siano superiori al 50% dei volontari attivi.
Solo in presenza dei sopra indicati presupposti – che diverse associazioni sportive potrebbero non soddisfare – l’associazione può qualificarsi come APS e quindi beneficiare della de-commercializzazione dei corrispettivi specifici versati dai soci per partecipare al corso di nuoto o alla gara di tennis.
In questo caso è sempre prevista la de-commercializzazione dei corrispettivi specifici versati dai soci per partecipare alle attività di natura istituzionale promosse dall’associazione applicando non l’articolo 148, commi 3-6, del TUIR ma l’articolo 85 del CTS.
Si ritiene opportuno evidenziare che la de-commercializzazione dei corrispettivi specifici versati è diversamente disciplinata nelle due norme rispetto alla natura dei beneficiari delle prestazioni.
L’articolo 86 del CTS prevede infatti che l’attività sia fiscalmente agevolata quando diretta nei confronti di:
– propri associati;
– familiari conviventi dei propri associati;
– associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale;
e non anche nei confronti di:
– iscritti e partecipanti;
– altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, per cui l’APS non beneficerà più della de-commercializzazione dei corrispettivi specifici percepiti da una associazione affiliata al medesimo Ente, nonostante il servizio sia strumentale allo svolgimento delle finalità istituzionali (es: concessione dell’impianto sportivo ad altra ASD affiliata al medesimo EPS o ad una FSN, a condizione che l’importo sia qualificabile come contributo e non come corrispettivo di un servizio sul mercato);
– tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, a meno che non siano a loro volta soci di altra associazione che svolge la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fa parte di un’unica organizzazione locale o nazionale in quanto l’APS beneficia della de-commercializzazione dei corrispettivi specifici ricevuti da persone che possono esercitare i diritti democratici di una associazione anche diversa quando affiliata al medesimo Ente nazionale o locale (fatta eccezione per i famigliari conviventi).
Un’associazione sportiva dilettantistica che non presentasse invece i requisiti per qualificarsi come associazione di promozione sociale andrebbe a qualificarsi come Ente del Terzo settore generico al quale non sono riconosciute particolari agevolazioni sotto il profilo delle imposte dirette, se non la de-commercializzazione dei corrispettivi per attività di interesse generale quando non superino i costi effettivi (ex art. 79 DLgs 117/2017): l’assunzione della qualifica di ETS in questo caso determinerebbe la decadenza di buona parte dei benefici fiscali garantiti invece in qualità di ASD.
Per quanto riguarda i compensi, è vero che il CTS prevede che i volontari non possono percepire rimborsi forfettari ma i percettori compensi sportivi non sono volontari.
Il CTS introduce per la prima volta la definizione di volontario in qualsiasi contesto associativo. Mentre in passato era relegata nella Legge sulle organizzazioni di volontariato ed era qualificato come volontario della cooperazione internazionale anche l’operatore regolarmente retribuito con emissione di busta paga, oggi l’articolo 17 del CTS prevede che:
Gli enti del Terzo settore possono avvalersi di volontari nello svolgimento delle proprie attività e sono tenuti a iscrivere in un apposito registro i volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale.
Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà.
L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario.
Non c’è alcuna disposizione che impedisce ad una ASD iscritta nel Registro Unico del Terzo Settore di erogare i c.d. compensi sportivi.
Quando hanno voluto espressamente escludere l’applicazione di una norma di favore alle ASD che assumono la qualifica di ETS lo hanno fatto. Il CTS infatti non si è limitato ad abrogare le Leggi che avevano assicurato l’applicazione del regime di forfetizzazione delle imposte di cui alla Legge 398 anche a soggetti diversi dalle ASD/SSD, ma ha anche espressamente escluso la possibilità per gli ETS di applicare la Legge 398.
E’ vero che l’articolo 16 del CTS prevede che “I lavoratori degli enti del Terzo settore hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81” ma si rende necessario analizzare tale norma.
Se questa dovesse implicare l’impossibilità di ricorrere all’istituto del compenso sportivo in quanto non assicura lo stesso trattamento normativo del contratto collettivo, dovremmo escludere – soluzione che potremmo definire anticostituzionale – la possibilità per tutti gli ETS di ricorrere a forme di lavoro diverse da quello subordinato. Le prestazioni professionali, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa così come le collaborazioni di natura autonoma occasionale non presentato infatti il medesimo trattamento normativo contemplato dai CCNL per i dipendenti (si pensi all’istituto delle ferie, del TFR, della contribuzione previdenziale).
La norma inoltre non rinvia genericamente ai contratti collettivi, ma ai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria, al fine di evitare distorsioni di concorrenza ricorrendo ai c.d. contratti pirata , ossia contratti che prevedono condizioni normative e retributive significativamente inferiori. Tale disposizione appare analoga a quella già prevista per le cooperative.
Per quanto riguarda i rapporti con le pubbliche amministrazioni, l’articolo 4 della Legge delega di Riforma del Terzo settore prevede che le associazioni che “si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell’economia sociale o che esercitano attività in regime di convenzione o di accreditamento con enti pubblici” devono iscriversi nel Registro Unico del Terzo settore.
Ne consegue che le Pubbliche Amministrazioni potrebbero subordinare l’erogazione di contributi alla circostanza che l’organizzazione sia iscritta nel RUNTS.
Solo le associazioni di promozione sociale e le organizzazioni di volontariato possono inoltre stipulare le convenzioni con la Pubblica Amministrazione di cui all’articolo 56 del CTS.